Parigi, novembre, una giornata di pioggia, una ragazza dal cuore spezzato, un libro e il suo autore misterioso: sono questi gli elementi che stanno alla base di questo delizioso romanzo.
Protagonista è Aurelie Bredin, una  dolce ragazza vissuta in un piccolo ristorante di famiglia, a Saint Germain des Pres, "là dove pulsa il cuore di Parigi". Ed è nelle tovaglie a quadri bianchi e rossi e nei deliziosi sapori della cucina che la ragazza si rifugia nei momenti tristi della sua vita.

Così, Aurelie passa le sue giornate tra i tavoli di "Le temps des Cerises": tale nome fu scelto dal padre non tanto per motivazioni politiche (Le temps de Cerises è una celebre canzon francese diventata l'inno della Comune di Parigi), quanto perchè lui amava il tempo delle ciliegie, che è così bello e dura poco, e l'omonima canzone rievocava alla sua mente ricordi personali, un senso di ottimismo e malinconia per gli amori che vanno e vengono.
Ma c'è di più. "Le temps des Cerises" è anche il luogo in cui il signor Bredin conquistò la moglie (la mamma di Aurelie) con il suo celebre Menu D'Amour.
Purtroppo la mamma di Aurelie muore quando lei è poco più che una bambina ed anche il padre, come apprendiamo leggendo le prime pagine del romanzo, la lascia anzitempo:

"Un  giorno il suo cuore aveva deciso di fermarsi. Così senza preavviso. [...] Aveva sessantotto anni. E' morto troppo presto. D'altronde non è forse vero che le persone che amiamo se ne vanno sempre troppo presto? A prenscidere dalla loro età".

Contemporaneamente, il suo findanzato Claude decide di lasciarla, anche lui senza preavviso:

"Aurelie, ho incontrato la donna della mia vita. Mi dispiace sia capitato proprio adesso, ma tanto prima o poi sarebbe successo. Abbi cura di te.
Claude"

Fu così che Aurelie si trovò completamente solo al mondo: i genitori non c'erano più, Claude l'aveva lasciata. Le restava solo un'amica, Bernadette, così tanto diversa da lei e che tra l'altro non aveva mai provato simpatia per Claude.
Dopo una notte insonne e di lacrime, una piovosa mattina di novembre, Aurelie si ritrova da sola a vagabondare senza meta per le strade di Parigi:

"A volte si cammina per andare da qualche parte, a volte si cammina e basta. E si continua a camminare finchè la nebbia non si dirada, finchè la disperazione non si placa o finchè non abbiamo analizzato da tutte le angolazioni possibili il pensiero che ci martella il cervello.
Quella mattina non avevo una meta, mi sentivo la testa vuota e al posto del cuore un macigno di cui avvertivo tutto il peso. [...] Fu la passeggiata più lunga della mia vita. [...]  Il cielo di un blu cupo si stendeva sopra Parigi come una stola di velluto. [...] Ci avevo messo molto a capire che l'abisso di tristezza che pesava come piombo sul mio cuore non dipendeva soltanto da Claude che mi aveva lasciata. Avevo trentadue anni, e non era la prima volta che vedevo finire un amore. Me n'ero andata io, se n'erano andati loro, uomini migliori di Claude, lo schizzato.
Stavo realizzando che tutto cambia, tutto si dissolve, che uomini che mi avevano tenuta per mano ad un tratto sparivano per sempre, che stavo perdendo il contatto con la realtà e tra me e l'universo non c'era che un ombrello celeste a pois bianchi".

Dopo ore di cammino, passo dopo passo, Aurelie, si ritrova in rue Sanit-Louis, davanti all'unico negozio che aveva ancora le luci accese:

"Era una piccola libreria e mentre mi precipitavo dentro non potevo certo immaginare che quel gesto avrebbe cambiato per sempre la mia vita"

E' già abbastanza strano per Aurelie trovarsi in mezzo ai libri: forse per pigrizia, forse per destino, Aurelie non ha mai avuto la costanza di leggere libri per intero, tanto meno in giorni di assoluta tristezza. Quando Aurelie è triste non legge mai, piuttosto pianta fiori.

Nonostante ciò, un libro attira la sua attenzione: "Il sorriso delle donne" è il titolo, ma ancor più curiosa è la presentazione:

"Questa storia inizia con un sorriso tra gli scaffali di una libreria e finisce in un piccolo ristorante a Saint Germain des Prés, là dove pulsa il cuore di Parigi".

Aurelie è sopresa, il ristorante a Saint Germain des Près è il suo! non può essere altrimenti! Incuriosita, compra il libro e lo divora in una sola notte, tra tè, tramezzini e deliziosi macarons.
A lettura conclusa, ormai Aurelie è convinta: il libro (che tra l'altro l'ha entusiasmata) parla di lei e del suo ristorante. 
Felice per l'inaspettata scoperta, decide di mettersi in contatto con l'autore del libro per ringraziarlo. Tuttavia riuscire a risalire allo scrittore non è impresa facile. Infatti ,Andrè, il proprietario della casa editrice francese che ha pubblicato il libro, tenta di ostacolare in tutti i modi l'incontro (il motivo lo scoprirete leggendo il romanzo :) ).
In ogni caso, Aurélie non si lascia scoraggiare e quando finalmente riuscirà nel suo intento, l’incontro sarà molto diverso da ciò che si era aspettata. Più romantico, e nient’affatto casuale.




Non vi dico altro, vi lascio alla lettura.
Quanto a me, non posso che esprimere lo stesso entusiasmo con cui ho iniziato la lettura del libro.
Si tratta del primo romanzo scritto da questo giovane scrittore franco-tedesco (madre tedesca, padre francese). E' ovvio che non si tratta di "alta letteratura", ma è comunque un romanzo ben fatto, nello stile e nel contenuto. La testimonianza che si possono scrivere libri belli, senza scadere nella banalità tipica di altrettanti giovani scrittori italiani (non faccio nomi, ma avrete capito).
Scrittura fresca, limpida e scorrevole, trama intrecciata e coinvolgente. Un ottimo romanzo di lancio, una lettura che appassionerà qualunque donna romantica che ama le affascinanti atmosfere che solo una città come Parigi sa suscitare.
Interessante, inoltrre, il modo in cui Nicolas traccia il personaggio di Aurelie: da uomo, mostra con sensibilità di conoscere l'animo femminile, regalandoci la tipica e dolce immagine della ragazza parigina che chiunque sogna di incontrare.
A fine testo, potete leggere il "Menu D'amour" con tutte le deliziose ricette di Aurelie, sulle quali potrete cimentarvi nei freddi pomeriggi invernali.
Voto: 10 su 10...con lode :)

P.S. Ho sentito dire che ne faranno anche un film...spero che la pellicola restituisca la stessa coinvolgente atmosfera del romanzo.  


La felicità è un cappotto rosso
con la fodera a brandelli

Julian Barnes
E' stato un periodo un po' pesante e pieno di impegni per me. Avevo il bisogno di una lettura leggera, piacevole, ma non banale. Navigando per internet alla ricerca di qualche libro interessante, mi sono imbattuta su un nome per me nuovo: Nicolas Barreau.
Mi ha colpito il titolo del suo romanzo (Gli ingredienti segreti dell'amore) e la dolce copertina: una ragazza vestita di rosso che passeggia leggiadra per un viale alberato.
Incuriosita, cerco di scoprirne di più. Apprendo, così, che il libro è in uscita il 7 settembre e che si tratta di una romantica commedia ambientata tra le vie di Parigi:

"Questa storia inizia con un sorriso tra gli scaffali di una libreria
e finisce in un piccolo ristorante a Saint Germain des Prés, là dove pulsa il cuore di Parigi"

E' fatta. Ormai me ne sono innamorata; Parigi, cucina, dolcezza, amore...gli ingredienti ci sono tutti affinchè questo libro mi possa piacere e possa essere davvero la lettura che stavo cercando.

Verso metà settembre, quando il libro è già uscito da un paio di giorni, mi ritrovo alla Feltrinelli, tra gli scaffali di una libreria con un sorriso sulle labbra e questo libro in mano, proprio come la protagonista del romanzo, la dolcissima Aurelie.

A causa degli innumerevoli impegni, lo sto leggendo piuttosto lentamente, ma è una lettura piacevolissima e scorrevole. In ogni caso, ne parlerò in modo più approfondito a fine lettura.

Intanto, vi lascio il booktrailer del libro   


Kiss...♥
In questo blog si parla si parla solo al femminile; la storia di cui voglio parlarvi oggi è dedicata ad una delle più belle e tristi immagini femminili che la storia dell'arte ci abbia consegnato.
 
 
 
 “Com’è possibile che esista al mondo una donna trascurata e sola…”

 
All’ Aja, nel 1882, Van Gogh incontra Cristina Hoornick, soprannominata col vezzeggiativo di “Sien”.
E’ una povera ragazza, sulla quale gli stenti e le difficoltà della vita hanno impresso il loro marchio. Suscita nel pittore tenerezza ed amore compassionevole (tipico delle personalità disagiate che vedono in questi soggetti “emarginati”, l’immagine speculare di se stessi). Sien, inoltre, è una prostituta, più per necessità che per volontà.

Van Gogh l’accoglie in casa sua e stringe con lei un sentimento sincero; vede in lei la dolcezza, la povertà, la disponibilità alla comprensione.
Il periodo che trascorreranno insieme, il pittore lo definirà, in una lettera al fratello Theo, come una sorta di “apparizione” ; troverà in lei, seppur per breve tempo, la possibilità di un pò di pace, l’immagine di un “angelo”.
Sien è analfabeta, non conosce nè i libri, nè l’arte e di ciò Van Gogh ne è consapevole ; Sempre a Theo scrive : “A volte rimpiango il fatto che la donna con cui vivo non comprenda nè i libri, nè l’arte. Ma il fatto che io malgrado tutto le sia tanto attaccato non dimostra forse che c’è tra noi qualcosa di sincero? “

Quindi, Van Gogh accetta e ama Sien per quello che è, poichè nonostante sia analfabeta, conosce il linguaggio del cuore ( proprio lei che non era mai stata amata da nessuno ) e per tutto il periodo che con lui convive, ha sicuramente colmato quel vuoto interiore di Vincent, causato dalle dozzine di esperienze fallimentari, tanto nella vita quanto nell’amore, accumulatesi nel corso degli anni.
Purtroppo la loro convivenza è minata dagli innumerevoli problemi economici : Van Gogh è un artista con tante tele invendute ( scrive in un’altra lettera : “Non posso farci niente se i miei quadri non si vendono. Ma verrà il giorno in cui si vedrà che valgono più del prezzo del colore e della vita anche se molto misera che ci sto rimettendo. Non ho nessun’ altro desiderio o preoccupazione in fatto di denaro o di finanze, se non in primo luogo quello di non avere più debiti.” ) e la fiducia nel futuro non basta quando si ha fame.

Tutto questo e la personalità instabile e contraddittoria di Van Gogh finiscono per minare la loro serena convivenza e Sien, seppur con tristezza, decide di andare via. A questo punto tutto naufraga: quel bagliore di pace che la ragazza aveva portato nella vita del pittore, si spegne e lei stessa, da lì a poco, finirà suicida in un fiume.
Una storia triste quella di Van Gogh e Sien, ma profondamente intrisa d’amore, quell’amore sincero che si può intrecciare solo tra l’animo di un’artista e un ‘ ”anima salva” come quella di Sien.
A lei, Vincent dedicherà uno dei suoi disegni più famosi, “Sorrow” : La ragazza è rappresentata accovacciata a terra, con le gambe arcuate e la testa trattenuta tra le braccia. Il corpo è volutamente rappresentato con le forme “cadenti”, per testimoniare le tracce di una vita fatta di stenti, paure, solitudine e sacrifici ; immagine , nella quale, peraltro, Van Gogh proietta se stesso.
E' domenica e voglio parlarvi di un argomento leggero.

Avete già visto l'ultimo video di Beyoncè? se no, vi consiglio di farlo..a me è piaciuto tantissimo, così come la canzone. Una canzone d'amore, anche se diversa dal solito. Preferirei chiamarla una canzone d'amore e rivincita. E la scelta del video l'ho trovata azzeccatissima, a prescindere dal matrimonio che ognuno è libero di condividere o meno : Una donna in procinto di coronare il suo sogno d'amore con l'uomo che ama e dal quale è amata , rivolge un ultimo pensiero a quei ragazzi che ha incontrato in precedenza e l'hanno snobbata e trattata male. Oggi è una donna soddisfatta, felice e soprattutto amata, amata veramente, non per gioco come in passato.
Ma tutto ciò è stato possibile solo perchè lei ha avuto la forza di andarsene via, di dire basta al secondo posto e cercare nuove vie e nuove opportunità che la vita aveva in serbo per lei. 

E' un "insegnamento" che tutte le donne dovrebbero imparare, ricordarsi che ciò che è più importante in un uomo è la sua capacità e onestà di amare la propria donna, metterla al primo posto. Ciò che conta in un rapporto e ciò che una donna si aspetta dal proprio uomo è solo questo, tutto il resto è secondario.
Almeno è così per me...mi rendo conto, poi, che per molte donne invece le cose stanno di fatto diversamente : ne vedo tante ragazzine e donne di ogni età "accontentarsi" di uomini che le riempiono di regali e regaletti e poi si scordano di amarle, camminano per strada e guardano le altre, sul telefonino e nei cassetti tengono foto di donne nude, calendari della velina di turno e via dicendo. Molte donne "accettano" tutto questo come se fosse normale prassi, come se rientrasse nella normale realtà delle cose. Io non ho mai accettato una cosa simile e mai l'accetterei ; non accetto di dividere il mio ruolo con nessuno, nè reale, nè tantocomeno con una stupida immagine su un giornale.

Ritornando alla canzone e al video nello specifico, l'ho trovato molto bello ed elegante; Poi confesserò una mia debolezza : nonostante sia contraria al matrimonio, subisco il fascino dei tipici weddings all'americana in quei giardini pieni di fiori e rose bianche :)
A proposito della scelta del matrimonio, alcuni hanno visto un'incoerenza con il video precedente "Who run the world", in cui Beyoncè parlava in un certo senso di emancipazione femminile. Io non credo che ci sia incoerenza; la parola emancipazione va di pari passo alla parola libertà, quindi l'emancipazione di una donna sta nella libertà di scegliere, anche di sposarsi se ci crede, o di convivere con uomo, e questo non significa che lei sia sottomessa a lui.

Un ultimo pensiero su Beyoncè : a me personalmente piace, trovo che abbia una bella voce e penso sia abbastanza brava nel suo genere. Da donna, l'apprezzo anche da un punto di vista femminile, mi piace la sua eleganza così tipicamente americana.  

Vi lascio il video


Un collage delle immagini salienti del video :



E la scena che mi piace di più : la sfilata della giarrettiera!



...What goes around, comes back around...


"Una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé
 se vuole scrivere romanzi".

E' questo ciò che scrive Virginia Woolf in uno dei suoi testi più celebri, "Una stanza tutta per sè".

Pubblicato il 24 ottobre 1929, si tratta di un saggio basata su una serie di conferenze tenute al Newnham e Girton College dell' Università di cambridge nel 1928.

Il saggio, tra gli altri argomenti, esamina la possibilità delle donne di essere in grado di produrre un lavoro della stessa qualità di quello di William Shakespeare.
In una sezione particolare, la Woolf inventa un personaggio fittizio, quello di Judith "la sorella di Shakespeare", per illustrare che una donna con gli stessi doni del bardo avrebbe visto negate tutte le opportunità date a lui di sviluppare il talento, solo perché esse sono chiuse alle donne. Ma la Woolf non si sofferma solo su questo, esamina anche le carriere dei vari autori di sesso femminile, tra cui Aphra Behn, Jane Austen, le sorelle Brontë e George Eliot. L'autrice si riferisce sottilmente a molti dei più importanti intellettuali del tempo, mettendo in evidenza le capacità intellettive delle donne e rivendicando per loro l'opportunità di inserirsi ed affermarsi nell'ambito letterario e culturale in genere, alla pari dell'uomo. Per far ciò è innanzitutto necessario che alla donna venga riconosciuto denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sè, come dice la Woolf nello stesso testo.

La stanza tutta per sè vuole anche essere una metafora della libertà : ognuno, uomo o donna che sia, ha diritto di esprimere la sua arte secondo la proprie idee, il proprio stile, la propria poetica. Da qui la necessità di avere una propria stanza, un proprio spazio per esprimersi.

Ma ciò che mi interessa sottolineare in questa sede è il discorso sulla donna che Virginia porta avanti in questo saggio.
La Woolf è stata non solo una delle principali letterate del XX secolo, ma anche una delle figure cardine del femminismo, attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i due sessi.
Ed è questo il femminismo che amo.

Il femminismo, nelle mani e nelle menti sbagliate, ha prodotto, a mio avviso, i più grandi errori nei confronti della figura femminile. La lotta e l'ossessione per la parità dei diritti tra uomo e donna, ha fatto si che la donna, invece di emanciparsi e tutelarsi, non ha fatto altro che retrocedere e diventare una "brutta" copia dell'uomo moderno, distruggendo la sua vera identità e sotterrando ogni tipo di femminilità. E' accaduto, così, proprio tutto ciò che la Woolf non voleva, che temeva che avvenisse e per questo lottava e scriveva.

A tal proposito cito un altro passo del saggio :
"Fra cento anni, d'altronde, pensavo giunta sulla soglia di casa, le donne non saranno più il sesso protetto. Logicamente condivideranno tutte le attività e tutti gli sforzi che una volta erano stati loro negati. La balia scaricherà il carbone. La fruttivendola guiderà la macchina. Ogni presupposto basato sui fatti osservati quando le donne erano il sesso protetto sarà scomparso; ad esempio (in strada stava passando un plotone di soldati) l'idea che le donne, i preti e i giardinieri vivano più a lungo. Togliete questa protezione, esponete le donne agli stessi sforzi e alle stesse attività, lasciatele diventare soldati, marinari, camionisti e scaricatori di porto, e vi accorgerete che le donne muoiono assai più giovani e assai più presto degli uomini; cosicché si dirà: "Oggi ho visto una donna", come si diceva "Oggi ho visto un aereo". Può accadere qualunque cosa quando la femminilità cesserà di essere un'occupazione protetta, pensavo, aprendo la porta."    

Leggendole oggi, queste parole, scritte nel 1929, appaiono profetiche. E spiegano in fondo cosa avrebbe dovuto essere il femminismo e cosa poi non è stato.
Come scrive Virginia, lottare per i pari diritti non significa far si che la donna diventi una copia dell'uomo, acquisendone lavori che per natura non le dovrebbero appartenere e gli atteggiamenti peggiori. Emanciparsi non significa far qualunque tipo di lavoro, anche quello più pesante e meno gratificante, pur di avere dei soldi in mano; emanciparsi non significa diventare una menager d'affari o avere la patente per guidare una macchina. L'emancipazione deve innanzitutto andare di pari passo con la tutela della figura femminile, da ciò ne deriva che ci sono dei lavori che la donna non deve fare perchè non tutelano la sua immagine, non salvaguardano la sua salute, non difendono la sua femminilità. E per gli stessi motivi ci sono degli atteggiamenti che la donna non deve acquisire dell'uomo. Dunque, affinchè di vera emancipazione si possa parlare, è giusto che la donna abbia l'opportunità di affermarsi per le proprie capacità intellettive, creative, artistiche e culturali e in base a queste, le vengano riconosciuti gli stessi meriti e gli stessi guadagni che da sempre sono riconosciuti agli uomini.     

Per questo motivo, io vorrei vedere meno donne che lavorano in fabbrica, meno donne che si arrichiscono facendo shampii e tigendo capelli o facendo ricostruzione unghia. Vorrei vedere meno donne che fanno le commesse sottopagate nei centri commerciali o che lavorano nei call center. Vorrei vedere meno donne che fanno lavori eccessivamente pesanti per il loro fisico e meno donne nelle poltrone del parlamento, nelle banche, negli uffici e simili.
Ed invece vorrei vedere più donne dedicarsi ad attività artistiche e culturali, vorrei vedere più donne che scrivono libri, che disegnano, che dipingono, che cuciono, che scrivono canzoni e poesie, e gli vengano riconosciuti i giusti meriti per questo.

Purtroppo tutto questo sembra essere ormai un'utopia, un po' per colpa dello stato attuale delle cose nella nostra società, un po' perchè le donne stesse non lo vogliono. Per molte, emancipazione significa solo avere un guadagno personale e potersi permettere qualsiasi sfizio materiale.  
In realtà  non ci sarà mai una vera emancipazione fin quando la femminilità non sarà un'occupazione protetta.
 
Cari lettori, ritorno dopo qualche giorno di assenza dovuta agli impegni che mi impediscono di scrivere con una certa assiduità.

Oggi vorrei esprimere la mia opinione riguardo al "caso" della Festa dell'Unità di Roma.  Non voglio soffermarmi sulla festa, ma sull'immagine scelta, che a quanto pare, sta destando scandalo.  
Leggevo oggi su Repubblica :
Come già nel 2010 e nel 2009, è scontro interno sull'immagine scelta dal Pd per l'appuntamento di Roma. Il movimento "Se non ora, quando": "Uso strumentale del corpo femminile" 

L'immagine oggetto dello scandalo è questa :



Quest'altra invece quella dell'anno scorso :


In entrambi i casi, le immagini scelte hanno destato scalpore per la "strumentalizzazione del corpo femminile" .

Quest'anno ad appoggiare la critica troviamo anche il movimento "Se non ora quando" , che come tutti saprete, in occasione di bunga bunga e Rubygate, ha deciso di dire la propria e manifestare a favore di un'immagine della donna diversa da quella che circola nei palazzi del potere o nei siparietti televisivi, per far sentire la voce di tutte quelle donne che studiano, lavorano, vivono dignitosamente.

La manifestazione, che ha avuto un favore di pubblico enorme, ha trovato in me (parziale) condivisione, e zero partecipazione. Ovviamente non perchè io sia favorevole al bunga bunga o all'immagine della donna fornita dalla tv spazzatura che anima le nostre reti televisive.

I motivi della mia non-partecipazione sono essenzialmente due :
  1. La mia natura individualista mi impedisce di scendere in piazza ad urlare slogan e frasi fatte in coro del tipo "Siamo donne, oltre le gambe c'è di più"
  2. Pur avendo trovato le idee della manifestazione giuste e condivisibili, ritengo che alla base ci sia un facile giudizio e un ipocrita perbenismo. Mi spiego meglio : è facile andare contro qualcosa su cui siamo tutti daccordo, è ovvio che donne come Ruby non siano dei modelli da imitare, ma non credo che il "degrado" dell'immagine femminile si possa ridurre solo a questo; personalmente credo che esistano tanti altri fenomeni "invisibili" che appartengono al costume dell'80% delle donne italiane ( molte delle quali sono le stesse che hanno partecipato alla manifestazione ) e che di certo non contribuiscono ad alzare di livello l'immagine femminile. Mi riferisco soprattutto alle femministe più estemiste che con questo chiodo fisso della parità dei sessi e della dignità della donna, hanno finito col creare un' immagine di donna sempre più vicina all'uomo e sempre meno femminile. Io mi guardo intorno e vedo tante donne, ma poca femminilità. E per femminilità non intendo in questo caso eleganza esteriore, ma uno stato d'animo, un modo d'essere che tante donne hanno perso.
Insomma quello che voglio dire è che il discorso, a mio parere, è molto più complesso di quanto sembra. E prima di cercare di cambiare il mondo, bisognerebbe che ogni donna cominciasse a guardarsi dentro e cambiare un pò se stessa, se è il caso.

Tutto questo discorso si ricollega alla questione relativa alle immagini "scandalo", che ovviamente, come avrete potuto capire, io non condivido.

Innanzitutto non trovo assolutamente "scandalose" queste fotografie, nè quella di quest'anno, nè quella dell'anno scorso. Se proprio dovessi esprimere un opinione, troverei più scandalosa l'immagine di una donna volgarmente eccessiva o in rigoroso tailluer, che una foto sbarazzina di una donna con la gonna al vento o con un mazzo di rose in mano.
Ed è proprio questo il punto : siamo talmente abituati alla trasgressione da una parte e al rigido conformismo dall'altra, che ci siamo dimeticati della spontaneità, la freschezza, la libertà di essere se stessi seconda natura. Io credo che queste due foto rappresentino bene ( anche se solo in piccola parte ) quello che la donna è o dovrebbe essere. Penso che a qualsiasi donna piacerebbe ricevere un mazzo di rose, e questo non offenderebbe di sicuro la sua immagine; così come penso che qualsiasi donna dovrebbe essere per natura un pò "lolita", un pò "civettuola" e questo non significa che sia poco intelligente o, peggio, una donna da marciapiede.

Inoltre, usare due foto di donne in atteggiamenti "femminili" non significa "degradare" la sua immagine o strumentalizzarla. Una donna può e deve essere libera di scegliere anche di farsi fotograre come vuole, vestita, semi vestita o nuda; e se in taluni casi riceve anche dei  soldi in cambio, non significa che abbia venduto la propria dignità.

Io penso che parte della sinistra e del movimento femminista nella loro lotta per l'emancipazione della figura femminile, abbiano perso di vista il principale obiettivo : la libertà, per la donna, di scegliere, di essere stessa, di amare ed essere amata. 

Personalmente, preferirei essere fotograta con una rosa in mano o con una gonna al vento, piuttosto che come una monaca, con un tailleur gonna e giacca o con abbigliamento tragressivo e antifemminile. E non per questo mi sentirei "usata", "strumentalizzata" o, peggio, poco "intelligente". Mi sentirei, invece, pienamente soddisfatta, perchè libera di scegliere quello che volevo e di essere quella che sono, una donna.

Un ultimo consiglio alle donne : RITROVATE VOI STESSE.